UN DELITTO COMPASSIONEVOLE, PREMEDITATO E NATO DALLA VOLONTA' DI PROTEGGERE IL SUO BAMBINO: IL COMMENTO DEL CRIMINOLOGO MARCASSOLI
A PROPOSITO DELL'OMICIDIO SUICIDIO DI TOVO (SO): PADRE UCCIDE IL FIGLIO DI 7 ANNI E SI IMPICCA.
Intervista al giornale di Sondrio "Centro valle"
«E' stato un delitto compassionevole, quello che i criminologi definiscono "omicidio pietatis causa", quello commesso da P. S. nei confronti del figlioletto, causato da un senso di protezione patologico e paradossale».
Psichiatra e psicoterapeuta sondriese Claudio Marcassoli, e criminologo al quale il Tribunale di Sondrio si è più volte affidato per consulenze e perizie, ha tentato di analizzare il crimine commesso pochi giorni fa a Tovo di Sant'Agata alla luce dei fatti che sembrano ormai non lasciare dubbi. E ha tracciato un quadro psicologico dell'omicida-suicida.
«Premettendo che va mantenuto il massimo rispetto per queste situazioni e per le persone coinvolte - ha detto lo specialista - da quanto si è saputo finora, Sala mi è sembrato una persona di una fragilità profonda, scosso probabilmente dalla malattia del figlio tanto da non riuscire ad affrontare la situazione in modo razionale, dimostrando un' incapacità di accettare l'idea che in futuro il bambino potesse provare una sofferenza importante. E lui non essere in grado di proteggerlo».
Il biglietto, poi, giustificherebbe un desiderio impotente di giustificarsi per quanto commesso. Quasi come si fosse sentito costretto a compiere l'unico gesto in grado di salvare il suo piccolo da un mondo troppo duro.
Il noto criminologo ha inoltre spiegato che in questo caso sembra essersi verificata un'idea precisa nella mente di Sala: «Il delitto non pare essere stato d'impeto, ma preparato da tempo - ha aggiunto - Potrebbe essersi verificato un evento scatenante, come il compleanno festeggiato proprio il giorno prima, che ha innescato il percorso verso il delitto».
Esaminando più nello specifico la figura paterna, lo psichiatra propende nella sua analisi più che per una patologia conclamata dell'uomo, per una condizione di sfiducia generale verso il mondo, un pessimismo profondo (quella che viene definita "sindrome di Beck"), che Sala avrebbe riversato su di sè, ma anche sugli altri, forse portandolo a ritenere che nessuno avrebbe potuto prendersi adeguatamente cura del piccolo. Non sappiamo se lui fosse un padre molto presente o più periferico. In certi casi, però, l'incapacità di esternare un affetto intenso può determinare "dimostrazioni" di affetto assurde come queste. Causate da una profonda sofferenza, non da follia».
Ma è soprattutto la dinamica del crimine a destare sgomento: «Un padre che uccide un figlio piccolo è insolito - ha confermato lo psichiatra - L'omicidio da parte del padre nei confronti del figlio avviene soprattutto in età adolescenziale o adulta, per liti familiari o per diversi stili di vita. L'infanticidio è commesso più spesso dalle madri, ad esempio in casi di depressione post partum». E calando l'analisi in questa situazione Marcassoli si è detto sicuro, in base a quanto si può sapere, dell'intento compassionevole dell'omicidio: «La vittima era totalmente innocente, non può aver avuto coresponsabilità di alcun tipo. Per questo motivo il padre potrebbe aver agito per istinto di protezione».
Marcassoli, per la sua esperienza, ha individuato un comportamento particolare che le famiglie valtellinesi hanno e che in un certo senso si lega al fatto di cronaca: «Ho riscontrato spesso una difficoltà a esprimere le emozioni, a far circolare gli affetti, a condividere le difficoltà, forse per tradizione o per vergogna. In questo caso potrebbero essere mancati dei momenti di dialogo in famiglia, perché solo quando ci si sente ascoltati si è propensi a esternare le emozioni».
Cio che frena ad esempio è la paura, secondo il medico, di essere stigmatizzati o considerati malati, e così si soffoca il proprio disagio, a volte tanto a lungo da compiere poi gesti estremi.