“DANNO PSICHICO NEI MINORI VITTIME DI ABUSO SESSUALE: FATTORI DI RISCHIO E FATTORI DI PROTEZIONE”

25.06.2013 22:41

Le conseguenze psicopatologiche a breve e a lungo termine degli abusi sessuali sui minori sono ormai note: l’abuso, infatti, è un’esperienza traumatica specifica che, in un’ottica circolare di multifattorialità e su un terreno di vulnerabilità individuale, comporta  danni  psichici di vario livello ed intensità.

Per ciò che riguarda le conseguenze “a breve termine” la sintomatologia può essere inquadrata in un disturbo post traumatico da stress , mentre nel lungo termine sembra esservi una prevalenza del disturbo border line di personalità.

Conosciamo i fattori di rischio per l’abuso: fattori culturali, socio-familiari, genitoriali e individuali del bambino, che vanno a costituire il “terreno di coltura” in cui sedimenta e si sviluppa il fenomeno dell’abuso.

Lo scopo della prevenzione primaria è quello di migliorare le competenze genitoriali, familiari, personali, le risorse sociali e le capacità individuali dei minori nell’affrontare eventi sfavorevoli o situazioni di svantaggio, e di individuare le condizioni di disagio psichico che possono tradursi in fattori di rischio.

È importante, in questo senso, insegnare ai bambini a conoscere il proprio corpo, i comportamenti sessuali appropriati, le modalità per fronteggiare un’aggressione subita da conoscenti o estranei e mostrare ai bambini come richiedere aiuto in caso di pericolo.

Questo livello di prevenzione parte dall'educazione emotiva e affettiva, specificamente riferita al riconoscimento del linguaggio del corpo e  alla consapevolezza delle sensazioni positive e negative che i bambini provano in determinate circostanze, ricordando il rischio del “ciclo della violenza”.

La prevenzione secondaria, invece, ha come scopo quello di verificare le condizioni di rischio nell’ambiente sociale e in famiglia: in questa fase gli asili, le scuole, i consultori, i pediatri di base, i gruppi di volontariato dovrebbero lavorare in rete per individuare precocemente situazioni di rischio. La formazione specifica degli operatori è fondamentale per renderli in grado di cogliere gli indicatori di rischio e i segnali di aiuto.

In questo lavoro vogliamo occuparci delle prevenzione o meglio del contenimento del danno psichico post traumatico dei minori quando l’abuso è già avvenuto, attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e dei fattori di protezione  che possono aggravare o ridurre il danno psichico stesso e le sue conseguenze a distanza: un compito di cosiddetta prevenzione terziaria.

I fattori di rischio sono:

Familiari e genitoriali

Una famiglia multiproblematica all’interno della quale il genitore non abusante, generalmente la madre, non è in grado di rappresentare una figura di accoglienza, sostegno e protezione, o per sue caratteristiche personali, o perché tossicodipendente o perché affetta da patologie mentali, quando non complice o collusa;

una storia di pregresso maltrattamento e di abuso psicologico ed emozionale  del minore;

un genitore con storia di maltrattamento e abuso nella propria infanzia;

l’isolamento dalle rispettive famiglie d'origine con perdita o assenza di familiari di supporto (nonni, zii…);

il ricorso da parte di tutta la famiglia al “codice del silenzio”, alla complicità, alle alleanze patologiche che si sviluppano a partire dal fatto, quando non presenti da sempre nelle relazioni familiari nel caso di abuso extrafamiliare;

il tempo intercorso tra abuso, sua scoperta e primi interventi di supporto al minore.

Socio-economico-culturali

L’atteggiamento “culturale” verso la violenza intesa come strumento per risolvere i problemi e per raggiungere i propri obiettivi;

la concezione della famiglia come luogo “privato”, “zona franca” impermeabile a interventi esterni;

l’isolamento sociale, povertà o emarginazione della famiglia, mancanza di reti di sostegno;

carenti supporti sociali o atteggiamento di sfiducia o diffidenza verso gli stessi.

Individuali del minore

l’età del minore;

un ulteriore esperienza traumatica creata dalla crisi e dalla disgregazione familiare legata alla scoperta del fatto;

la vittimizzazione secondaria;

la stigmatizzazione e il vissuto di autocolpevolizzazione ;

disabilità psichiche o fisiche.

 

I Fattori di protezione, invece , sono rappresentati da:

 

saldi legami familiari con attaccamento sicuro nel caso di abuso extrafamiliare, o presenza di genitore non abusante e non collusivo in grado di reggere la situazione in prima persona e di  rappresentare una valida figura di riferimento emotivo ed affettivo in caso di abuso intrafamiliare;

presenza di una famiglia allargata di supporto;

assenza di patologie psichiatriche o condotte di abuso di alcol o uso di sostanze tra i  genitori;

buone condizioni socio ambientali della famiglia;

la brevità delle storie di abuso;

una gestione consapevole, integrata e professionale dei primissimi interventi terapeutici e di supporto;

un coordinamento tra queste attività e indagini giudiziarie teso al rispetto dei vissuti del minore e all’evitamento della “vittimizzazione secondaria”.

Dalla conoscenza del particolare e complesso intreccio tra le due tipologie di fattori  deriveranno interventi con obiettivi differenti:

prevalenza dei fattori di protezione su quelli di rischio:

l’intervento si incentrerà sul sostegno al minore e alla famiglia con sviluppo delle risorse esistenti

prevalenza dei fattori di rischio su quelli protettivi:

l’intervento si incentrerà sulla protezione del minore, con misure prescrittive che possono giungere fino all’allontanamento dello stesso, sull’osservazione e il monitoraggio della famiglia

 

Gli interventi terapeutici di prima istanza, siano essi di accoglienza e protezione, di carattere medico o psicoterapico, avranno successo diverso a seconda della prevalenza dei fattori di rischio o di quelli di protezione; tali fattori saranno  differenti  e con specifica rilevanza a seconda che l’abuso sia “intrafamiliare” o “extrafamiliare”.

La prevenzione della cronicizzazione del danno post- traumatico dipende in buona misura dal riconoscimento e dalla gestione di tutti questi fattori.

 

Relazione presentata all’ XI° CONGRESSO NAZIONALE  della SOCIETA’ ITALIANA DI PSICHIATRIA FORENSE , ALGHERO 2008  “LA GESTIONE DEL RISCHIO IN PSICHIATRIA”

 

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